15 Gen 2020
#Bambini #educazione #ragazzi
La povertà educativa è definita come “la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. Questa deprivazione comporta un grosso limite allo sviluppo di competenze cognitive, relazionali e sociali, fondamentali per il benessere futuro, per il successo nel mondo del lavoro e per una partecipazione attiva nell’economia e nella società delle giovani generazioni. (Save the Children, “Illuminiamo il futuro 2030”)
Quando povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda
Con povertà educativa non si intende una lesione del solo diritto allo studio, ma una generale mancanza di opportunità educative a tutto campo: dalle attività culturali, al diritto al gioco e allo sport. Coltivare talenti e aspirazioni diventa difficile ed è compromesso già da dall’età prescolare: minori opportunità che incidono negativamente sulla crescita del minore. Generalmente riguarda i bambini e gli adolescenti che vivono in contesti sociali svantaggiati, caratterizzati da disagio familiare, precarietà occupazionale e deprivazione materiale. Il concetto di povertà educativa è comparso nella letteratura nel corso degli anni ’90, ed è stato poi ripreso da organizzazioni non governative (in particolare Save the Children) e governi nella definizione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza.
Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda, perché la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce anche le opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative, costituendo un limite oggettivo per i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate. Questa condizione nel breve periodo mina il diritto del minore alla realizzazione e alla gratificazione personale. Nel lungo periodo, riduce la stessa probabilità che da adulto riesca a sottrarsi da una condizione di disagio economico. Per questa ragione investire nella lotta alla povertà educativa e sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza è un investimento di lungo periodo, da monitorare anche in chiave territoriale.
Povertà educativa: quali variabili entrano in campo?
Le condizioni e le motivazioni variano in base:
-Status socio-economico e culturale della famiglia: povertà economica e povertà cognitiva sono variabili interdipendenti. Chi vive in contesti disagiati ha più difficoltà a raggiungere i livelli minimi di competenza in matematica e lettura, rispetto ai compagni che vivono in migliori condizioni socio-economiche.
-Area geografica: gli adolescenti provenienti da famiglie svantaggiate del sud o delle isole mostrano, in ambito scolastico, risultati nettamente inferiori rispetto a quelli che abitano al nord (i ragazzi che non raggiungono le competenze minime si attestano tra il 26,2% e il 31,2% al nord, 44,2% al sud e 41,9% nelle isole).
-Stimoli ricreativi e culturali: i ragazzi che non hanno fatto sport, letto libri, non sono andati a concerti, a teatro, non hanno visitato musei e siti archeologici hanno conseguito risultati inferiori rispetto ai coetanei che hanno svolto attività ricreative, culturali e sportive.
-Fattori relazionali: molti adolescenti che si sentono outsiders a scuola hanno punteggi sotto la soglia minima.
-Genere: le ragazze mostrano risultati inferiori rispetto ai loro compagni maschi in matematica e punteggi superiori in lettura.
-Origine migrante: il 41% dei minori non nati in Italia non raggiungono la soglia minima di competenze in matematica e lettura, mentre per i ragazzi di seconda generazione, la percentuale scende al 31% in matematica e al 29% in lettura (la percentuale per i ragazzi non migranti è al 19% per matematica e 15% in lettura). (rilevazioni OCSE PISA)
Contrasto alla povertà educativa
Il contrasto alla povertà educativa deve passare anche dal miglioramento dei rendimenti scolastici. Migliorare il sistema educativo vuol dire ridurre il gap tra gli studenti con background sociali diversi e alimentare la mobilità sociale.
Una delle sfide più importanti per il nostro sistema educativo è migliorare i rendimenti scolastici degli studenti. In un mondo dove sono e saranno necessarie sempre più competenze, è questa la premessa per non lasciare indietro nessuno, in particolare i bambini e i ragazzi che nascono nelle famiglie più svantaggiate.
Non agire su questo fronte significa allargare il gap tra studenti con background sociali diversi, e accettare una società più statica, con meno mobilità sociale. Distorsioni che possono essere ridotte solo da un sistema educativo equo e di qualità per tutti, a prescindere dal contesto sociale di provenienza.
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